la fotografia astronomica

La fotografia astronomica e l’impatto dell’intelligenza artificiale

Negli ultimi anni, tutti noi abbiamo assistito al fenomeno dell’intelligenza artificiale (IA), che in pochissimo tempo ha invaso anche le nostre case grazie, ad esempio, agli assistenti virtuali. In tanti, però, si sono chiesti se l’uso di tali tecnologie fossero davvero un aiuto valido nella vita di tutti i giorni. Beh, in alcuni settori lo è. Vediamoli insieme.

L’uso dell’IA nell’astronomia

Ebbene, nel caso della astronomia, l’IA è assolutamente un alleato di grande valore visto che, grazie agli algoritmi, riesce a fornire delle analisi avanzate e dettagliate sulle immagini del cosmo. Tali algoritmi possono identificare corpi celesti oppure individuare dei particolari fenomeni astronomici che, spesso, potrebbero risultare più ardui da riconoscere.

Questi potenti calcoli permettono anche la previsione di possibili episodi riguardanti gli avvenimenti del cosmo, ma la domanda potrebbe sorgere spontanea: come funzionano gli algoritmi? Che cosa sono? Come fanno a prevedere un avvenimento nello spazio?

Come funziona l’IA

Alla base dell’intelligenza artificiale vi sono molti calcoli, si potrebbe quasi affermare che il calcolo sia l’anima stessa di questo complesso sistema di elaborazione di dati. L’algoritmo non è altro che una sequenza di istruzioni basate sulla logica, progettate per risolvere problemi o eseguire operazioni. L’IA emula quindi quasi l’apprendimento umano che si basa sulla capacità di imparare dalle proprie azioni, permettendo così di affinare il metodo di ragionamento attraverso l’esperienza accumulata. Tutte le esperienze pregresse vengono poi usate per apprendere; si forma un pattern di apprendimento e di risposte noto anche come “machine learning”.

Grazie all’aggiornamento continuo dei dati, l’IA, è in grado di migliorare le soluzioni proposte in merito a dei quesiti, oppure, di fornirci dei dati in tempo reale su dei temi attuali, ma è anche in grado di riconoscere le voci, tradurre, e come si è potuto vedere negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale è anche capace di apprendere come guidare i veicoli. Se infatti non sapevate che le famose auto Tesla usano proprio questa per la navigazione, ora lo sapete!

Molti settori lavorativi hanno tratto beneficio dall’implemento di questo aiuto virtuale che ha semplificato e migliorato processi che prima richiedevano molto più tempo del dovuto. L’IA, infatti, viene anche usata dai siti di slot.

È quindi facile comprendere quanto l’IA sia utile per lo studio astronomico; lo spazio è ricco di segreti per i suoi studiosi e uno dei metodi migliori per apprenderne maggiori dettagli è, sicuramente, la fotografia. L’IA non è altro che un aiuto, ma da dove siamo partiti?

La prima foto della luna

Si parla di fotografia astronomica già nel 1840 quando John William Draper concretizzò il sogno di tanti per la prima volta: immortalare la Luna.

L’idea di Draper di esporre, utilizzando un telescopio, per diversi minuti una lastra di rame sensibile alla luce permise di catturare i dettagli dell’orbita lunare: questo evento segnò il momento in cui la fotografia divenne un mezzo fondamentale per l’osservazione astronomica.

Sicuramente, al tempo, l’idea che un giorno dei mezzi virtuali avrebbero assistito l’uomo assieme ai telescopi per lo studio del cosmo era pura fantascienza, ma oggigiorno questi incredibili algoritmi sono anche in grado di facilitare il riconoscimento di galassie, stelle, ma anche nebulose, rendendo così più semplice l’identificazione e la classificazione degli oggetti astronomici.

Un’altra dote che contraddistingue l’IA è la sua velocità: l’accuratezza impiegata nella gestione dei dati permette, infatti, scoperte più rapide e un approfondimento maggiore di queste, permettendo agli studiosi di investire maggior tempo nella comprensione di questi ritrovamenti piuttosto che nella gestione dei dati.

Le capacità dell’intelligenza artificiale si estendono anche alla correzione automatica delle distorsioni atmosferiche presenti nelle immagini, apportando miglioramenti significativi alla qualità e alla nitidezza delle foto.

Le missioni spaziali sono spesso la fonte di enormi flussi di dati, e l’IA viene proprio impiegata per la gestione e l’analisi di queste informazioni, semplificando così notevolmente il lavoro degli astrofisici.

Ma l’IA è anche utilizzata nello spazio; iviaggi nello spazio sono, spesso, la chiave per una maggiore comprensione del nostro universo ed è facile pensare a quanti dati si possono accumulare attraverso queste missioni, basti pensare alla complessità della recente spedizione Mars Rover basata sull’esplorazione di pianeti vicini o alle missioni future riguardanti l’avanscoperta su Marte.

Nel futuro telescopio James Webb Space Telescope, l’uso dell’intelligenza artificiale, sarà automaticamente impiegata allo scopo di migliorare la qualità delle immagini e per garantire una maggiore capacità di rilevamento dei fenomeni cosmici.

In conclusione, L’IA ha rivoluzionato come ci approcciamo all’universo e come lo studiamo, accelerando le nostre nozioni nel settore, e grazie alla sinergia tra le persone e il computer saranno possibili moltissime nuove scoperte, e chissà, forse un giorno non i segreti dello spazio non saranno poi così segreti.

levoluzione della fotografia

L’evoluzione della fotografia spaziale

Fin dai tempi più antichi l’umanità ha nutrito una costante curiosità verso il cosmo, spesso derivata dalla semplice alzata di occhi al cielo. Là sopra splendevano le stelle e non solo. Lo spazio ha sempre esercitato, infatti, un enorme fascino sull’essere umano che ne ha sempre voluto scoprire i misteri e i segreti. Solo recentemente, però, questo è stato almeno parzialmente possibile; la fotografia astronomica ha compiuto una fantastica evoluzione nel corso degli anni. Prima di riuscire ad immortalare il cosmo, però, le persone hanno dovuto sfidare il cielo e cimentarsi in svariate imprese.

Uno scatto dall’alto

Una delle prime imprese di fotografia aerea fu il primo scatto fotografico in volo, eseguito dal francese e mongolfierista Gaspar Felix Tournachon (noto come “Nadar”) nel 1855, che grazie voleva utilizzare delle fotografie aeree nella cartografia. Usando un pallone aerostatico, egli riuscì ad alzarsi fino a 80 metri da terra da cui immortalò il piccolo paese chiamato Petit-Bicetre. Il processo per eseguire tale impresa non fu semplice, visto e considerato che, al tempo, Tournachon dovette trasportare nel cesto della mongolfiera una camera oscura e tutto l’equipaggiamento necessario per la riuscita di un buono scatto. Seppur le foto di Nadar non si siano conservate durante gli anni, questa impresa ispirò successivamente James Wallace Black a fotografare, a bordo di un pallone aerostatico, la città di Boston nel 1860.

Anche la NASA vuole la sua parte

Era, invece, il dicembre del 1962 quando il capitano dell’Aeronautica Joseph Kittinger e l’astronomo William White della Marina presero parte ad un progetto, meglio conosciuto come “Progetto Stargazer”. I due, in Messico sarebbero dovuti elevarsi a bordo di una capsula d’acciaio collegata ad un enorme pallone di mylar con all’interno un modesto telescopio, e avrebbero dovuto confermare che che il cosmo poteva essere osservato ad alta quota grazie ai palloni. Lontano da pericolose ripercussioni climatiche, il pallone si alzò sopra ad un deserto, raggiungendo i 25 chilometri di altitudine, aggiudicandosi così il primato per la più alta quota mai raggiunta per un volo di questo genere. Purtroppo, seppur vi fossero tutte le premesse per un enorme successo, il progetto perse fondi a causa del programma “Mercury Seven” lanciato dalla NASA, che mandò nello spazio solamente sei mesi prima dello Stargazer, l’astronauta John Glenn.

Il progetto “Mercury Seven” fu un grande successo, infatti, il 20 febbrario del 1962, John Glenn orbitò assieme al gruppo della “Friendship 7” (nome scelto da Glenn stesso in onore dei sette astronauti a bordo) per la prima volta attorno alla Terra, divenendo così la terza persona al mondo (e quinta nella storia) ad essere stato nello spazio. John Glenn fu un astronauta, pilota e senatore statunitense nato nel 1921 e divenne anche l’astronauta più anziano ad aver partecipato nuovamente ad un viaggio spaziale a bordo dello Space Shuttle nel 1998.

Un rinovato interesse

Nonostante il metodo di approccio alla fotografia astronomica abbia subito dei mutamenti nel corso degli anni, nell’ultima decade si è osservato un interesse verso i palloni ad alta quota, quasi conferendogli una nuova vita, grazie all’idea di posizionare al loro interno dei robot. Tale processo ha portato a risultati significativi che, prima, erano attuabili unicamente grazie all’osservazione in orbita tramite la presenza umana.

I robot, grazie al loro grande aiuto, sono diventati anche i protagonisti indiscussi dell’esplorazione su Marte grazie ai Mars Rover. “Curiosity” fu il più grande rover mai spedito sul pianeta: venne lanciato il 26 novembre 2011 e giunse sul pianeta rosso il 5 agosto 2012. Questo eccezionale rover è ancora attivo nel 2024 (contando un totale di 4210 giorni), e tutt’oggi contribuisce esponenzialmente allo studio di Marte attraverso i dati da esso raccolti e inviati sulla terra. E quale migliore esempio di fotografia spaziale di una foto fatta nello spazio? Curiosity è stato anche in grando di inviare alla NASA un selfie raffigurante sé stesso su Marte, in posa su Aeolis Mons (la più alta montagna del corpo celeste) nel 2015.

I viaggi di questo incredibile rover lo hanno portato nel 2023 a regalarci delle foto panoramiche nelle quali si osserva zona di Marte chiamata Marker Band Valley. E’ stato grazie a queste immagini in bianco e nero che gli studiosi sono riusciti a dar loro una valida interpretazione a vari elementi caratteristici di Marte. Come? Grazie alla palette di colori delle foto. Queste scattate in diversi momenti della giornata, hanno permesso di capire non solo se si trattasse di mattina o sera, ma anche che Curiosity, in quel momento, stava sperimentando l’inverno del suolo marziano.

La NASA, nel corso degli anni, ha provato 21 volte a far compiere ai propri rover delle spedizioni di successo, ma solamente 8 di questi, assieme a Curiosity, sono riusciti nell’impresa. Il “Perseverance” ed il “Tianwen-1 stanno ancora perlustrando il pianeta con successo.

L’avanzamento della tecnologia fotografica non è solo un arricchimento culturale, ma permette anche di sognare il giorno in cui, forse, anche gli esseri umani saranno in grado di atterrare su Marte compiendo così loro stessi il primo scatto fotografico sul pianeta rosso.

Come la fotografia è riuscita a cambiare la nostra visione del pianeta Terra

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Sono passati più di due millenni da quando qualche filosofo greco ha affermato che la Terra fosse rotonda e non più piatta come si pensava prima, eppure le prime foto di tale prova le abbiamo avute solamente una cinquantina di anni fa.

Le missioni spaziali e la fotografia sono più legate di quanto si possa pensare. Proprio per questo motivo, abbiamo deciso di scrivere un articolo a riguardo, strizzando anche l’occhio a quello che sarà il futuro delle esplorazioni spaziali.

Dalla Terra piatta alla Terra sferica

Come anticipato nell’introduzione, la razza umana, fino ad una cinquantina di anni fa, ha potuto solamente immaginare che forma avesse la Terra. Che fosse rotonda era già stato affermato millenni orsono, grazie alle osservazioni scientifiche di un certo Tolomeo. Tuttavia, supporre è molto diverso dal vedere con i propri occhi.

Ecco allora che alla fine del 1800, grazie ai primi palloni aerostatici, alcuni privilegiati riuscirono a vedere la Terra da un punto di vista di gran lunga superiore rispetto al limite naturale finora imposto. Ma per avere una prima e vera fotografia del nostro pianeta, si è dovuto aspettare fino al 1935, quando due militari degli Stati Uniti decisero di legare una gondola ad un pallone aerostatico.

Una volta raggiunta l’incredibile quota di 22km (altezza vietata ancora oggi ai voli di linea), i due uomini riuscirono a scattare una foto, che mostrava un panorama lungo 530km, rivelando così, per la prima volta nella storia, la curvatura della Terra. Con la costituzione della NASA poi (e le relative missioni spaziali), la fotografia spaziale migliorò sempre di più, andandoci a regalare i magnifici scatti che tutti noi conosciamo.

Lo stretto legame tra fotografia ed esplorazioni spaziali

Le varie agenzie spaziali, dopo essere rimaste a bocca aperta vedendo quanto enorme e bello fosse il nostro pianeta, decisero di investire sempre più denaro per scoprire di più su quanto ci circondasse nello spazio, vicino e non.

Ecco allora che vennero lanciati i primi satelliti dotati di telescopi ottici, non solo per guardare più lontano di quanto l’occhio umano potesse fare nello spazio, ma anche per documentare i cambiamenti climatici sul nostro Pianeta.

Questi telescopi, tra cui l’Hubble, forse il più famoso tra tutti, consentirono agli umani di sviluppare anche una cultura visiva e di intrattenimento: basti pensare alle numerosissime serie TV e Film a tema spaziale, che cercavano di essere quanto più fedeli possibile grazie proprio a tali fotografie, nonché alla creazione di videogiochi e simili, come nel caso di Cosmic Fortune, la slot machine perfetta per captare il “mood” dello spazio.

Negli anni più recenti ed in seguito ai forti cambiamenti climatici che la Terra ha visto subire, la fotografia spaziale sta aiutando enormemente gli esperti per valutare l’impatto delle attività umane sul nostro pianeta, nonché per la realizzazione di progetti di salvaguardia dell’ambiente e via discorrendo.

Ciò, ovviamente, vale anche per una migliore comprensione di ciò che ci sta attorno: iconica è stata, ad esempio, la fotografia di un buco nero (il primo ad essere immortalato) scattata dall’Event Horizon Telescope nel 2019. Ci sembra giusto affermare quindi che, senza la fotografia, la nostra conoscenza dello spazio sarebbe quasi nulla.

Il futuro delle esplorazioni spaziali: andremo davvero alla conquista dello spazio?

È inutile negarlo: in un futuro più o meno breve, saremo costretti ad abbandonare il nostro pianeta, sia per i cambiamenti climatici che potrebbero renderlo praticamente invivibile, sia per l’esaurimento di risorse naturali che ci consentono di vivere la vita che siamo stati abituati a vivere.

Ecco perché tantissimi appassionati dello spazio hanno drizzato le orecchie quando, a metà degli anni 2010, diverse agenzie spaziali hanno annunciato il loro interesse di “colonizzare” Marte. La prima è stata la Boeing, nel 2014, la quale sta ricevendo i finanziamenti da niente di meno che dalla NASA.

Questo progetto prevede un complesso sistema di supporti vitali e, se tutto dovesse andare come progettato, dovrebbe realizzarsi entro il 2030. Ma ciò che ha destato più scalpore è stato l’annuncio, nel 2016, di Elon Musk, fondatore di SpaceX, il quale ha affermato di voler portare un milione di persone su Marte nei prossimi 40-100 anni.

Il primo step consisterebbe nell’inviare un centinaio di astronauti su Marte per preparare il campo base, con una durata di soli 80 giorni per il raggiungimento del pianeta rosso, contro i 180 ipotizzati dalla NASA.
Infine, anche la Lockheed Martin ha presentato un suo progetto, chiamato “Mars Base Camp”, una stazione spaziale che andrebbe ad orbitare intorno a Marte, fornendo tutto il supporto possibile agli astronauti in superficie.

Come possiamo vedere, siamo ben lontani da quella lotta del “Tutti contro tutti” per la conquista dello spazio; una co-operazione del genere potrebbe ridurre drasticamente le tempistiche di riuscita dei vari progetti, consentendo alla razza umana di raggiungere traguardi solo immaginabili fino a qualche anno fa.

Addio alla Stazione Spaziale Internazionale. E ora?

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Il volo spaziale umano in orbita terrestre bassa subirà un enorme cambiamento nel prossimo decennio. L’Office of Inspector General della NASA ha inviato un tweet in cui emerge la volontà di terminare il supporto della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e suggerisce anche quale sarà l’attività dell’agenzia spaziale statunitense per il prossimo decennio.

Una vecchia stazione

In particolare, la NASA evidenzia la necessità di porre fine al ruolo della ISS entro il 2030. Ufficialmente, la stazione dovrà ancora effettuare alcuni programmi fino al 2024, ma un’estensione fino al 2030 sembra più che probabile.

La ISS iniziò il suo lungo viaggio con il lancio del modulo Zarya dal cosmodromo di Baikonur il 20 novembre 1998. La stazione ha ospitato una presenza umana continua dall’arrivo della Spedizione 1 il 2 novembre del 2000. L’ultima missione del programma U.S. Space Shuttle nel 2011 ha concluso la costruzione della ISS. Da allora, la stazione è servita come piattaforma chiave per studi scientifici in campi che vanno dalla fisiologia umana in assenza di gravità all’osservazione della Terra, all’astrofisica delle alte energie e molto altro ancora.

Lo studio della NASA, tuttavia, nota che la stazione sta iniziando a invecchiare. Le indicazioni includono danni al Canadarm 2 a causa di detriti o di un micrometeorite (anche se il braccio continua a funzionare normalmente per ora), crepe multiple e perdite trovate lungo l’interno del Service Module Transfer Tunnel, una delle aree dove l’equipaggio vive e lavora.

Tuttavia, il rapporto dell’agenzia spaziale evidenzia la necessità di continuare gli studi sugli effetti a lungo termine della vita nello spazio, essenziale per gli atterraggi pianificati sulla Luna di Artemis e, infine, per le stazioni su Marte. Questa ricerca non sarà completa prima della scomparsa della ISS, quindi altri avamposti devono portare avanti il lavoro.

La stazione del futuro: un avamposto commerciale

A tal fine, la NASA ha selezionato tre aziende per sviluppare piani per possibili stazioni commerciali nell’orbita terrestre bassa. Scelte tra le 11 pretendenti iniziali, le tre aziende includono Blue Origin, che svilupperà i progetti di Orbital Reef (130 milioni di dollari); Nanoracks LLC, che svilupperà Starlab (160 milioni di dollari); e Northrop Grumman, che aggiornerà il veicolo di consegna Cygnus della società e lavorerà con Dynetics su una nuova stazione modulare (125,6 milioni di dollari). Northrop Grumman si è aggiudicata anche il contratto di progettazione per l’avamposto abitativo e logistico per la Lunar Gateway Station nel 2020.

“Starlab sarà lanciato con un unico volo, mirato al 2027”, dice Jeffery Manber (Nanoracks LLC). “Ci deve essere un periodo di ‘tramonto’ in cui la ISS è ancora operativa in orbita, ma le nuove attività migrano verso le nuove piattaforme commerciali”.

Axiom Space è un altro potenziale contendente nel volo spaziale commerciale. L’azienda prevede di iniziare a inviare equipaggio commerciale alla ISS a bordo del Crew Dragon di SpaceX a partire dal febbraio del 2022, con l’obiettivo di inviare nuovi moduli alla ISS a partire dal settembre del 2024. L’arrivo dei quattro moduli Axiom nei tre anni successivi darebbe anche all’azienda la possibilità di staccarsi dalla ISS e formare la propria piccola stazione spaziale.

Oggi le passeggiate spaziali non sono così sicure…

L’amministratore della NASA Bill Nelson in un recente comunicato stampa si è detto molto soddisfatto delle nuove collaborazioni strette dall’agenzia spaziale americana, che porteranno l’uomo nello spazio su voli commerciali. La NASA sta collaborando con i nuovi partner per sviluppare “destinazioni spaziali” che i visitatori possono esplorare dal vivo, dove potranno anche vivere e lavorare, permettendo alla stessa NASA di forgiare il cammino dell’umanità verso la colonizzazione dello spazio.
Tutto questo, quando la ISS sta vivendo un periodo non particolarmente felice. Qualche giorno fa, l’equipaggio ha dovuto ritardare una passeggiata spaziale per interventi di manutenzione programmata, a causa delle preoccupazioni scaturite dai detriti che avrebbe lasciato il recente test missilistico anti-satellite della Russia. Nel frattempo, la Cina continua con la costruzione della propria stazione spaziale detta Tiangong, iniziata proprio l’anno scorso.

La fine

Il report della NASA fornisce anche alcuni spunti interessanti su come potrebbero essere gli ultimi giorni della stazione internazionale. Deorbitare la stazione costerà più di 1 miliardo di dollari, da dividere tra i partner internazionali. Sembrano un bel po’ di soldi, ma forse molti ignorano il fatto che ogni anno vengono spesi 3 miliardi di dollari per tenere la ISS in funzione.

Ma riportare giù la ISS non sarà semplice e ci vorranno diversi anni, afferma la NASA. La stazione inizierà ad avvicinare alla Terra la sua orbita tra il 2026 e il 2028, a seconda dell’attività del Sole, che a sua volta influenza lo spessore dell’atmosfera terrestre e la resistenza della stazione. L’obiettivo è quello di far rientrare la ISS entro il 2030, spargendo tutti i detriti nel Pacifico del Sud. In caso di emergenza, lo studio sottolinea anche che questa fase temporale può anche essere accelerata a circa sei mesi al rientro.

Per noi amanti dello spazio ed eterni romantici sarà triste vedere la stazione disperdersi in mare… Per anni, è stata per noi amanti della fotografia spaziale “una vista familiare che scivolava silenziosamente nel cielo notturno”. Resterà allora solo un bellissimo ricordo del primo vero avamposto dell’umanità nello spazio.

Per quale motivo le galassie si allineano alla Via Lattea?

milky way

Le galassie più piccole orbitano intorno alla nostra, ma molte delle loro orbite si allineano lungo quella che gli astronomi chiamano la vasta struttura polare; un piano a forma di pancake che interseca la nostra galassia come una crêpe. Delle dozzine di galassie satelliti conosciute al seguito della Via Lattea, circa la metà, ma forse anche di più, appartengono a questa struttura. Inoltre, la nostra galassia ruota e queste galassie satelliti girano intorno alla nostra Via Lattea nella stessa direzione.

Siamo noi a non comprendere?

Questa strana danza ha lasciato interdetti gli astronomi fin dai primi accenni negli anni ’70. Le simulazioni cosmologiche non prevedono generalmente questo effetto. Alcuni ricercatori si sono persino chiesti se il problema riguardi la nostra comprensione della materia oscura o della gravità stessa.
In un articolo pubblicato su arXiv, Nicolás Garavito Camargo (Università dell’Arizona) e i suoi colleghi suggeriscono di concentrarsi sul più grande di tutti i pesci piccoli: la Grande Nube di Magellano (LMC).

La LMC è una nana massiccia, che ha un decimo della massa della Via Lattea. Sta girando intorno alla nostra galassia per la prima volta su una traiettoria che si allinea con la vasta struttura polare, e potrebbe aver portato con sé una mezza dozzina di galassie più piccole. Non può essere una coincidenza, giusto? Anche gli astronomi l’hanno pensato, e molti hanno suggerito che la LMC abbia in qualche modo ispirato la misteriosa struttura polare.

Infatti, all’inizio di quest’anno, Jenna Samuel (ora all’Università del Texas, Austin) e i suoi colleghi hanno condotto delle simulazioni per dimostrare che le galassie nane tendono ad allinearsi lungo i pancake cosmici – e rimangono così, almeno per un po’ – quando c’è una nana massiccia come la LMC nel mezzo.

La domanda è come

La LMC e il suo seguito sono solo alcuni dei satelliti della Via Lattea, quindi essa e i suoi accompagnatori non possono spiegare il piano semplicemente cadendovi dentro. Garavito Camargo e colleghi descrivono come la LMC potrebbe aver influenzato le orbite delle altre galassie.

In breve, la galassia nana sta “gettando” in giro il suo peso, influenzando la Via Lattea, la sua materia oscura e i suoi satelliti, tutto attraverso la semplice forza di gravità. Non solo la nana tira le altre galassie satellite davanti a sé nella sua orbita, ma attira anche il materiale dietro di sé in una lunga scia. Inoltre, i ricercatori si sono resi conto che avrebbero dovuto tenere conto del loro posto nella galassia.

Mentre “cade”, la LMC ha tirato la Via Lattea fuori centro. La nostra galassia è enorme, però, e lo spostamento del centro di massa ha richiesto tempo per andare verso l’esterno. Mentre le regioni interne della galassia e il suo alone stanno già orbitando attorno al nuovo centro di massa, le regioni esterne non hanno ancora fatto altrettanto. Così, dal nostro trespolo nella galassia interna, vediamo le regioni esterne ruotare.

Eppur si muove!

“In realtà ci troviamo in un’auto in movimento, mentre pensavamo di essere fermi”, spiega Gurtina Besla (Università dell’Arizona). “Vedi tutte queste cose muoversi davanti a te e pensi che si stiano muovendo a una certa velocità, ma in realtà noi ci stiamo muovendo insieme a loro e loro in realtà si stanno muovendo leggermente più lentamente”. In effetti, quando vediamo le galassie satellite muoversi in concerto, parte di questo è semplicemente l’effetto del nostro stesso movimento – qualcosa che non avevamo considerato prima.

Garavito Camargo, Besla e i loro colleghi hanno combinato tutti questi effetti in una simulazione dell’incontro LMC-Via Lattea, confermando che l’infallazione della LMC è capace di rimodellare le orbite di numerosi oggetti intorno alla Via Lattea.

Prendendo insieme tutti questi effetti però, potrebbe ancora non essere abbastanza per spiegare completamente lo strano allineamento dei satelliti della Via Lattea.

“L’idea è che, dopo aver corretto tutti questi effetti, il piano rimanente può assomigliare meglio alle strutture previste nelle simulazioni cosmologiche”, dice Garavito Camargo. “Tutto questo insieme può creare qualcosa di strano e statisticamente più improbabile di quello che si potrebbe trovare in una generica simulazione cosmologica”.

“Il nuovo lavoro offre un approccio nuovo e una ricerca molto approfondita e convincente, che naturalmente ha eccitato me e altri che lavorano su questo tema”, dice Marcel Pawlowski (Leibniz Institute for Astrophysics Potsdam), che non è stato coinvolto nel nuovo studio. Egli sostiene, tuttavia, che c’è ancora del lavoro da fare per capire l’origine della struttura.

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L’osservazione dei corpi celesti è da sempre intimamente legata alla ricerca di un principio razionale e di una teoria logica che possano spiegare il più possibile tutti i misteri del cosmo. Nel corso della sua storia l’umanità ha elaborato numerosissime ipotesi sulle origini, la struttura e le forme di vita possibili dello spazio interstellare. Il tema si è rivelato talmente affascinante da aver influenzato non soltanto l’ambiente scientifico, ma persino quello artistico: dalla letteratura al cinema, fino alla musica e al videogioco. Ne è assoluta e chiara testimonianza un titolo arcade inventato in Giappone alla fine degli anni settanta che di certo i più maturi ricorderanno: “Space Invaders”. È importante sottolineare in questa sede, il valore simbolico di tale videogame in seno alla storia della cultura digitale. Fu proprio la sua incredibile diffusione infatti a decretare l’inizio di una nuova era ed il boom dell’industria di intrattenimento virtuale. Ecco perché possiamo ben dire senza timore di smentite che senza questo titolo arcade probabilmente oggi il mondo dell’intrattenimento digitale non sarebbe lo stesso. Non è un caso perciò se la Playtech, una delle principali case di produzione mondiali di giochi per casinò online, abbia deciso di offrire un tributo al videogame che ha cambiato il corso della nostra storia informatica, creando un titolo slot a sua immagine e somiglianza: “Space Invaders”, per l’appunto. Con una grafica che ripropone quella del videogame da cui trae ispirazione, questa macchina caratterizzata da 5X3 rulli con un numero totale di 10 linee di pagamento, consente ad ogni player di ritornare al passato non senza una certa nostalgia. Sprovvista di “Scatter” e “Bonus”, offre però in compenso ai giocatori dei simboli “Wild” che agiscono all’interno della mano come jolly automatici attribuiti alla payline più alta. E dunque, mentre gli alieni si alternano colorati tra i rulli e le giocate, è bene prestare attenzione al valore inestimabile di questo emblema, in grado di trasformare una mano insignificante in una piccola miniera d’oro. Ci troviamo perciò di fronte ad una slot per certi versi molto semplice e minimale, ma che è resa eccezionale da una qualità grafica e sonora di prim’ordine, come del resto tradizione Playtech impone. Per fare un assaggio demo gratuito basta effettuare un giro tra i migliori casino online che la contemplano all’interno del loro catalogo ludico. Un esempio tra tutti quello offerto da Titanbet, che trovate ben recensito su www.imiglioricasinoonline.net un portale di opinioni oneste e molto affidabili sulle case da gioco più sicure del nostro territorio. Consultandolo avrete la possibilità di conoscere in anteprima i migliori titoli slot presenti oggi nel panorama nazionale e di sapere in dettaglio tutte le caratteristiche degli operatori AAMS più famosi. Scoprite dunque quale di essi fa più al caso vostro e, se la scelta dovesse ricadere proprio su Titanbet, gettatevi con impeto sulla nostalgica e bellissima slot degli invasori alieni: tornerete indietro nel tempo ed in più avrete la possibilità di portare a casa un bel bottino.

L’astrofotografia: origini, strumenti e soggetti

telescopioLa data di nascita dell’astrofotografia è ovviamente seguente a quella della fotografia classica, ma non di molto. È il 1816 quando il francese Joseph Niépce immortalò una porzione di casa dopo aver a lungo studiato le tecniche litografiche. Peccato che poco più tardi l’immagine svanì perché i prodotti utilizzati non erano in grado di fissare il colore. Dopo aver migliorato le tecniche di produzione, e grazie all’uso di una camera oscura, Niépce riuscì ad ottenere un risultato duraturo dieci anni dopo, ovvero nel 1826. Poco più tardi si cercarono di fotografare anche la luna e il sole, ma le pellicole prodotte ai tempi non avevano la qualità necessaria a produrre risultati soddisfacenti. Fu solo con il miglioramento dei materiali e delle tecniche che fu possibile arrivare a produrre immagini di qualità. Negli anni ’90 del Novecento cominciò la diffusione delle webcam e del digitale e si aprirono possibilità incredibili anche per il pubblico amatoriale dato l’ottimo rapporto qualità/prezzo, con le reflex in prima fila.

Per chi si sta avvicinando solo ora a questo mondo va sfatato subito un mito. Per fare degli scatti degli elementi del cielo di grande qualità non è sempre necessario possedere un telescopio. Ma quali sono allora gli strumenti da acquistare per cominciare un’avventura con la fotografia astronomica? Innanzitutto è essenziale munirsi di una fotocamera che si possa impostare manualmente, così da poter gestire in prima persona quanti più dettagli possibili. Ideale sarebbe inoltre che con l’apparecchio in possesso sia consentito decidere quando poter chiudere l’otturatore (modalità “bulb”). La lente poi, deve essere in grado di far entrare una grande quantità di luce. Gli obiettivi grandangolari vanno benissimo ad esempio, ma non sono gli unici. Molto importante è inoltre essere provvisti di un treppiedi che assicuri la massima stabilità. Questo perché anche il minimo movimento potrebbe pregiudicare il risultato finale. È consigliabile inoltre portarsi sempre appresso un panno da utilizzare all’occorrenza per tenere la lente sempre pulita e asciutta durante le esposizioni.

A seconda dei soggetti che si intendono catturare, l’astrofotografia presuppone l’utilizzo sia di strumenti che di tecniche differenti. I “modelli” a disposizione di professionisti e appassionati sono le costellazioni, le nebulose e altre grandi spazi di cielo di notte. Il tutto viene racchiuso in una grande categoria detta “grande campo”. Due ulteriori soggetti classici della fotografia astronomica sono il sole e la luna. Per immortalare il primo non si può chiaramente fare a meno di un filtro solare. Per quanto riguarda la seconda invece c’è da dire che non vi sono molte difficoltà. Entrambi hanno tempi di esposizione molto brevi. Più complesso è catturare i pianeti, dato che è richiesto l’uso di un telescopio. Maggiore tecnica è richiesta per fotografare il profondo cielo considerando il fatto che è imprescindibile il calcolo del moto rotatorio della terra. Per lo stesso motivo non è semplice ottenere dei risultati di qualità con le comete. Le eclissi infine sono insidiose a causa del cambiamento di intensità della luce con l’evolversi del fenomeno. Questo in poche parole è il magico mondo della fotografia della volta celeste, che prevede davvero spazi astronomici in cui sbizzarrirsi.

Il nuovo blog sulla fotografia astronomica

Il mondo d’oggi, soprattutto quello occidentale, viaggia a ritmi forsennati. Al mattino si esce di casa di fretta, si corre al lavoro, una breve pausa pranzo e si torna a faticare. Poi, timbrato il cartellino, si torna nella propria abitazione. C’è chi si rilassa davanti alla TV, chi gioca con i figli, chi passa la serata davanti al computer o chi dopo una doccia esce per svagarsi. La vita odierna è scandita in maniera matematica per la maggior parte degli abitanti del globo. La stragrande maggioranza di essi sono così tanto concentrati sui loro impegni presenti e futuri da agire sempre a testa bassa, senza alzare mai lo sguardo verso il cielo. Senza prendersi mai il tempo per osservare la bellezza dell’universo, con calma. A volte sembra quasi che l’esistenza sia caratterizzata da quelle poche decine di chilometri che ci circondano e che siamo abituati a conoscere. Questo facendoci scordare di quanto invece lo spazio sia infinito. Volendo davvero scoprire l’immensità e il fascino del cosmo, ci si può appassionare alla fotografia astronomica, ovvero quella che immortala i corpi celesti. Da tale passione sono stati catturati tutti gli autori che scriveranno su questo blog. L’energia che ha dato vita al progetto “Fotografia astronomica” è proprio l’amore per le stelle, i pianeti, le comete e tutto ciò che le meraviglie della volta celeste ha da offrire. Prossimamente ci impegneremo quindi a pubblicare regolarmente degli articoli sull’argomento in questione. Si parlerà quindi di storia, di tecniche, di accessori e di molti altri temi collegati alla fotografia astronomica. Con questo post auguriamo quindi a voi il benvenuto sul nostro blog e a noi che sempre più persone possano muovere lo sguardo verso l’alto lasciandosi trasportare dai colori, dalle luci e dalle sfumature che addobbano la parete senza fine che pende sopra le nostre teste.